Novembre 24, 2024

Planetspin

Pesca in mare e acqua dolce

I maestri dello Spinning in Italia: ALESSANDRO IDINI

Se al giorno d’oggi tanti di noi hanno potuto conoscere la pesca a spinning, lo si deve a chi ha saputo trasmettere le proprie esperienze con umiltà e passione

facendo trasparire le emozioni ed allo stesso tempo nascere la voglia di mettersi alla prova, idee che sono alla base di chi decide di intraprendere la difficile strada della pesca con le esche artificiali.
Una di queste persone è Alessandro Idini, senza falsa modestia, una delle più importanti personalità del panorama della pesca a spinning in Italia e nel Mondo.

Lo potremo definire in tanti modi, ma se la semplicità è il suo modo di essere “essenziale” lo hanno distinto tra tanti, sono sicuro che gradirà il modo amichevole e rispettoso con cui lo introduco in questo articolo, presentandolo ai lettori di PLANETSPIN, come: “Maestro”.

Quanto ha influenzato la tua residenza geografica con la tua passione per la pesca a spinning?
Per qualunque persona che abbia la fortuna di nascere e crescere vicino al mare è difficile non provare una’enorme attrazione verso l’elemento liquido e tutte le sue manifestazioni, ma in merito allo spinning in mare direi poco e niente perché la mia passione per lo spinning è nata nel 1986 e a quei tempi vivevo tra Milano e Parigi. Da Milano, appena potevo, partivo per Monterosso al Mare, in Liguria, a volte persino in treno; da Parigi era relativamente facile arrivare a Deauville, dove avevo avuto modo di vedere quei pochi che praticavano la tecnica del bollè, una sorta di spinning per lunghe distanze,
Onestamente direi che quando si viene contagiati da una passione le barriere dello spazio svaniscono. Certo è inevitabile dover ammettere che i risultati migliori sono arrivati quando, dopo il trasferimento in Sardegna, potevo andare a pescare cinque giorni alla settimana.

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Quali sono, secondo te, i personaggi chiave nella storia della pesca a spinning in Italia?
Questa è una domanda complicata perché, se da un lato non possiamo dimenticare pionieri come Gian Domenico Bocchi che nel 1989 pubblicò il suo libro sullo spinning in mare oppure Alfio Elio Quattrocchi che in quegli stessi anni pubblicava i suoi articoli sullo spinning in mare nelle maggiori testate di pesca, il vero imput verso uno spinning moderno e non limitato alla sola spigola è stato dato da Nicola Zingarelli. Però, ci terrei a sottolineare una componente sconosciuta ai più: agli albori dello spinning moderno, cioè a cavallo del millennio, quando il forum di Seaspin aveva non più di una trentina di partecipanti, si era creato una sorta di “cenacolo” tra spinner di più parti d’Italia. La collaborazione di quegli anni, la condivisione sincera di esperienze ed esperimenti è stata alla base di gran parte del mio lavoro e di quello di Nicola; in questo caso non posso dimenticare l’importante contributo dato da Moreno Bartoli, Antonio Rosciano, Claudio Saba, Mauro Sanna, Massimo della Salda, Antonio Varcasia, Stefano Pisu, Marco Cacciamano, giusto per citarne alcuni.

Bass o Seabass, cosa preferisci e perchè?
La mia passione per la pesca và oltre questa “distinzione per acque”. Adoro pescare il bass perché mi affascina l’enorme e continua evoluzione della tecnica del bass-fishing e molte delle sue applicazioni hanno dato ampi riscontri nella pesca al seabass. Tutto quello che ho scritto in merito all’uso dei jig  e dei soft plastic in generale in saltwater, ha tratto ispirazione dal mondo del bass-fishing a cui, tra l’altro, riconosco il merito di avere una coscienza ambientale superiore a qualsiasi altra tecnica di pesca. Oggi come oggi, decidere per un’uscita in mare o in lago dipende solo dalle condizione meteo, ma il piacere per l’una o per l’altra tecnica rimane immutato.

Attrezzatura preferita
Ammetto che in questa scelta c’è anche una leggera componente feticista per la bellezza della tecnologia, ma una monopezzo 7’ da casting da 1 oz. con cut-out  ed un mulinello low-profile con 5 kg. di frizione rimangono la base del mio concetto di spinning in mare nel Mediterraneo.

Un esca intramontabile o che ha colpito notevolmente il tuo interesse
Sebbene ultimamente utilizzo prevalentemente i lipless, l’artificiale che ritengo straordinario ed eclettico rimane in assoluto il walking the dog; è probabilmente l’artificiale più difficile da utilizzare correttamente in mare, ma è l’unico che ti permette di catturare tutto, dalla spigola alla leccia gigante. Il colpo di fulmine accadde proprio con le lecce giganti nei primi anni duemila: dopo una serie di inseguimenti senza attacco e dopo aver provato di tutto (Ranger, Popper, Pencil Popper), un pò per disperazione un pò per sperimentazione ho montato uno Zara Spook da 1 oz. e la cattura è arrivata al primo lancio. Avevo, in seguito, fatto lo stesso esperimento con delle lampughe selettive e aveva funzionato nello stesso modo e così via con pesci serra da scogliera, barracuda in acque basse, occhiate di branco, spigole in foce etc., etc.

Ritengo il WTD un artificiale unico, capace di fare la differenza in tutte le acque e, assieme ai lipless ed ai jig, non manca mai nella mia scatola.

Evoluzione e futuro della pesca a spinning, cosa ne pensi?
Spesso è difficile fare qualcosa di nuovo quando buona parte del lavoro è stato già fatto in precedenza da altri, ma personalmente ritengo che ci sia ancora spazio per un settore che è stato abbondantemente trascurato dal saltwater, cioè la pesca finesse.

Ovviamente, in questo caso, ci scostiamo dal concetto finesse del bass-fishing, e nello specifico intendo la pesca a spinning in mare effettuata con imitazione di gambero, granchio e shad spiombati.
Nei primi due casi si tratta di una pesca giocata sulla sensibilità e la leggerezza, quindi canne con lure weigth basso, direi non superiore ai 15/18 grammi, possibilmente più lunghe dei tradizionali 7’ per compensare la minor distanza di lancio che deriva dallo scarso peso degli artificiali, da effettuare in wading ai cambi di luce e lungo le spiagge con mare calmo o leggerissima risacca. Tra l’altro la D.O.A. produce delle imitazioni di granchio e gamberetto eccezionali che ben si adattano a questo concetto di pesca.

Nel terzo caso si potrebbe prendere in prestito dalla pesca a mosca in mare il concetto che è alla base delle flat wings. Sempre con la stessa attrezzatura monterei degli shad molto morbidi oppure dei jerk bait oppure ancora dei grub con coda lunga come i Kalin’s, da lanciare in parallelo ad un leggero moto ondoso di scaduta, sempre ovviamente in wading. In questo caso farei lavorare l’artificiale tra un’onda e l’altra per cercare di stimolare (tramite il movimento lento e la sinuosità dell’esca) il predatore svogliato o già sazio che si aggira nei paraggi.

I tuoi progetti per il futuro
Ultimamente dedico molto tempo alla pesca a mosca in mare, sebbene anche in questo caso la scelta tra mosca e spinning è dettata dalle condizioni meteo marine dell’uscita. Diciamo che dopo tanti anni in cui la scelta di pesca era condizionata dalla necessità di effettuare esperimenti e fotografie ai fini degli articoli da scrivere, oppure dalla necessità di far scendere la troupe di Sky con la certezza della cattura in diretta, mi sto godendo la pesca fine a se stessa, quella che faccio solo ed esclusivamente per il mio piacere. Inoltre utilizzo parte del mio tempo anche per la fotografia ed una parte di questa riguarda la pesca, mentre sono a buon punto con un piccolo manuale di pesca a spinning nel mediterraneo, che non darò in “pasto” all’editoria, ma sarà un pdf scaricabile gratuitamente da chiunque ne faccia richiesta e che vuole essere una sorta di “imput” per le nuove generazioni di spinner.

Editoria del mondo della pesca, a cosa stiamo assistendo attualmente?
Purtroppo, da un punto di vista imprenditoriale, il settore dell’editoria è in crisi da anni: i costi tipografici sempre maggiori, l’incidenza del costo di distribuzione, la scarsa tiratura delle riviste di settore e i budget pubblicitari delle aziende ridotti al minimo impediscono alla carta stampata di avere una libertà di azione dei suoi articolisti. Personalmente ritengo che siano destinate a scomparire o, quantomeno, quelle poche che rimarranno saranno sempre più asservite sempre ai dictat delle poche aziende che ancora investono, pertanto andremo sempre più incontro ad articoli scarsamente veritieri, spesso palesemente sfalsati ed il più possibile scritti “ad aziendam”.
A parte questo dettaglio di non poco conto e con le debite eccezioni di diversi bravi articolisti, il panorama che ne viene fuori è spesso sconcertante: quando vedo qualcuno che scrive articoli di pesca parlando per assoluti a monte di qualche anno di esperienza di pesca mi viene da sorridere.

Al proposito ti cito un brano di quanto ho scritto nel succitato manuale:

Di certo inserire la pesca con gli artificiali all’interno delle technai eleutherioi potrebbe far storcere il naso ai più saccenti, ma senza dover scomodare Baumgarten e la sua gnoseologia inferiore,  possiamo affermare che l’arte della pesca con gli artificiali non è riducibile alla verità tipica della conoscenza logica. Se così fosse potremmo sintetizzare tutto il nostro argomento in una pura dissertazione di carattere statistico-matematico, dove a determinate condizioni meteo-marine corrisponderebbero modelli, dimensioni e colori degli artificiali con la naturale conseguenza di portarci, in premio alla logica, il voluto e cercato predatore.
Ma la pesca con gli artificiali non è solo logica e non è matematica. E non è possibile ignorare la componente principale della costanza nel successo dell’azione di pesca, cioè quella peculiarità individuale che, a dispetto del pensiero logico, chiamiamo senso dell’acqua, alla base del quale esiste solo la nostra capacità di osservazione e la nostra interpretazione.
La vera differenza tra un risultato costante ed uno saltuario è data dal senso dell’acqua e quest’ultimo si basa sul concetto del sapere, sapere in senso alieutico ed ovviamente inteso come percezione mediata dal senso.
Gli anni che stiamo vivendo hanno visto crescere il fenomeno mediatico legato alla diffusione dell’informazione sulla pesca con gli artificiali in mare; ma se da un lato tutto ciò ha permesso, almeno in un primo momento, la divulgazione e lo scambio onesto delle informazioni, recentemente stiamo assistendo alla “messa ad requiem” del valore del sapere: riviste, forum, blog straripano di saccenza gratuita che spesso proviene da personaggi che, a monte di una modesta esperienza, hanno la capacità di parlare per assoluti. Nelle pagine che seguono non parleremo mai di “assoluti”, ma solo di “variabili” e di “costanti” e, parafrasando Socrate, possiamo affermare che anche nella pesca La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere, perché la storia di questa fantastica tecnica applicata al mare è ancora tutta da scrivere.
Quanto segue è dedicato a chi si riconosce ancora nel valore del sapere, a chi non ha la pretesa del tutto e subito, a chi ha il desiderio di intraprendere un cammino alternativo privo di verità assolute, ma denso di stimoli.

Daresti un consiglio ai nuovi angler italiani?
L’unico consiglio che do da sempre e che rimane oggi più che mai valido è: pescare, pescare e pescare. Nessun libro, nessun manuale, nessuna attrezzatura può sostituirsi all’esperienza diretta, alla capacità di osservare, allo sviluppo del proprio senso dell’acqua. Ad una persona intelligente insegna più un cappotto di una cattura. Lascio un saluto a tutti i lettori di PLANETSPIN.

Grazie Maestro, a nome di tutti gli amici di PLANETSPIN, con la speranza di poterti leggere nuovamente su queste pagine, che da oggi possono vantarsi di averti avuto con noi!