Oggi sulla pagine di PLANETSPIN conosciamo Daniele G. Il kayak fishing è la sua passione ed è impossibile non farsi contagiare dalla voglia di provare, vedendo i video e le foto che sono presenti sui suoi canali web, tra social e youtube.
Ho avuto difficoltà, davvero… a trovare una foto per l’anteprima dell’articolo. Non mi era mai capitato perché sono una più bella dell’altra.
Guardando la sua pagina social su facebook, è davvero un divenire di emozioni coinvolgenti ad ogni scatto perché, almeno per me che sono appassionato e pesco dal kayak,
ogni foto rappresenta un sogno: bello, se si parla di una cattura, ma inquietante se penso alle onde da cavalcare per uscire o rientrare da ogni pescata.
Viste le tante cose di cui dovremo parlare, per forza di cose ho dovuto tagliare l’articolo in più parti. In questa prima, lasciamo la sua presentazione, poi in questi giorni seguirà il resto dell’intervista e scopriremo tanti dettagli interessanti.
Chi è Daniele? Come nasce la tua passione per la pesca e per il kayak fishing?
Chi sono? Un trentatreenne di Latina, cresciuto tra Borghi, campi e canali, circondato da acqua e natura.
Incominciai a familiarizzare con la pesca, come molti di voi, da piccolissimo.
Ricordo la mia prima canna fissa, i galleggianti e i piombini, la prima cassettina.
La paghetta settimanale “investita” (perché di investimento si trattava) in articoli di pesca, accessori e più in là, in riviste.
Esatto, riviste! Internet non c’era e i giornalai erano alcuni dei luoghi più frequentati dopo i bar.
Dalla pesca in laghi e canali a quella dalla spiaggia, dalla pesca all’inglese a quella di fondo. Ahimè Latina mare non regalava grandi emozioni. Ricordo nottate intere in spiaggia con mio padre, armati di cappelli, giubbotti, canne, arenicole e americani. Tutto questo per sperare di catturare qualcosa più grande di un palmo di mano.. Ore ed ore con il dito sul filo del mulinello in tensione cercando di percepire l’impercettibile!
Be’, passano gli anni e accantonai questa passione per un po’, fino a quando lo stesso amore per la natura, il verde ed animali esotici mi porto a non accontentarmi più di zoo, di fiere, negozi di animali e acquari.
Correva l’anno 2015 e vivevo già da un anno a Milano con la mia ragazza. Lavoravo sui treni Italo, contratto a tempo indeterminato e bei soldini: la mia ragazza invece in banca con contratti di 6 mesi. Dopo mille sforzi e conti bancari in rosso finalmente la vita ci stava sorridendo. Ebbene, proprio in quel momento, all’età di 27 anni la decisione quasi imminente, le dimissioni al lavoro, la vendita di quel poco che avevamo e l’acquisto di 2 biglietti di sola andata per Sydney, AUSTRALIA.
Quel bambino che pescava nei canali aveva deciso di uscire fuori!
Difficile spiegare cosa provai, sicuramente tanta paura nel ricominciare completamente da zero ma allo stesso tempo la consapevolezza che era l’Australia il posto sempre sognato ed inseguito. La pesca sin dal primo momento si rivelò eccezionale e semplicemente a fondo con il gamberetto, lanciando con una canna da 2 metri potevo portare a casa pesci fino ai 50 cm senza troppi sforzi in pieno giorno e magari anche nelle ore più sbagliate e sicuramente con tecniche e attrezzature non adatte..
Dopo 2 anni, io e Alessandra, la mia ragazza, lasciamo Sydney per trasferirci in Sunshine Coast, nel Queensland, costa situata a Nord Est dell’Australia. Un paradiso, tra palme, spiagge, animali e foreste. Il mio sogno si stava trasformando in realtà.
La nostra prima casa affacciava al fiume e un giorno decini di portare in acqua il kayak che mio fratello mi regalò prima di partire. Non potevo credere ai miei occhi. Mentre remavo le aquile volavano in cielo, sopra la mia testa, pronte a tuffarsi come i pesci salivano sulla superficie dell’acqua. L’acqua era cosi limpida che si poteva vedere spesso il fondale. C’erano sul fondo diversi tipi di razze alcune con una circonferenza superiore al metro, enormi! A strisce, leopardate, chiare, scure! Nuotavano sul fondale cercando cibo.
ull’altra sponda del fiume, li dove iniziava la foresta, lontana da edifici e case potevo vedere dei canguri tra vegetazione e spiaggia. Che emozioni!
Fu in quel momento che mi resi conto che il kayak avrebbe fatto parte della mia vita.
Mi incominciai ad informare sulle tecniche e attrezzature da utilizzare e mano a mano che mettevo in pratica ciò che imparavo i frutti arrivarono a breve. Pesci spesso superiori al kilo di qualsiasi tipo e grandezza. E la domanda che mi posi sin da subito fu: Se questi sono i pesci alla foce del fiume cosa posso pescare al largo in Oceano??
Dave, un amico sulla sessantina d’anni decise di portarmi con lui. L’oceano era decisamente troppo mosso ed uscire non fu semplice. Dopo un paio di chilometri trascorsi a remare le mie braccia erano a pezzi.
Ero li sul punto di mollare quando ci ritrovammo all’improvviso nel bel mezzo di una mangianza di tonni. Erano stupendi, grandi, saltavano fuori dall’acqua e i gabbiani volavano a picco, tuffandosi tra loro. In quel momento avevo l’impressione di stare dentro una vasca idromassaggio. L’oceano era in ebollizione!
Lanciai un cucchiaino da 15 grammi (esatto, 15 grammi, ero praticamente dentro la mangianza!) e recuperai il più veloce possibile. La frizione del mulinello gridò per un quarto d’ora..
avevo agganciato uno splendido tonno ma dopo mezzora era chiaro che la mia attrezzatura non l’avrebbe mai tirato sopra e lo persi poco dopo.
Quel giorno segnò ancora di più la mia vita, confermando la mia “chiamata” al kayak fishing rigorosamente off-shore, al largo in Oceano.
La corsa agli armamenti fu automatica: Shimano Saragosa, Penn Slammer III , canne serie della Daiwa, Penn accessori ed equipaggiamenti di ogni tipo, radio, ecoscandaglio con gps, e lui, il mio primo Viking Kayak Profish Reload, un gioiello da 4.5 metri, progettato ed ideato per la pesca in oceano.
La mia settimana tipo prevede ogni Martedì sveglia tra le 2:15 (primavera/estate) e le 3:30 circa di mattina (autunno ed inverno). La macchina è in garage, completamente carica e pronta. Mi ritrovo in spiaggia con il kayak pronto al lancio quando è ancora buio, aspettando le prime luci. Tutta l’attrezzatura (mulinelli inclusi) sono contenuti in scomparti waterproof e le canne sono legate sul muso del kayak.
La maggior parte delle volte le uscite non sono semplici e la possibilità di ribaltarsi tra le onde è alta
Come si supera la fase critica, arrivati ad una profondità superiore ai 10 / 15 metri dove le onde non sono più un problema, si tira fuori tutta l’attrezzatura, i mulinelli, e si preparano le varie montature avendo generalmente scelto già in anticipo le varie tecniche da usare.
Da precisare che solitamente utilizzo dalle 3 alle 4 canne. Due per la traina, una per lo spinning in caso di mangianze e una canna per la cattura del vivo o per la pesca di fondo o jigging.
Gli incontri in oceano sono dei più vari, vedendo meduse di ogni colore, dimensione e tipo, tartarughe, delfini, balene, serpenti marini (velenosissimi tra l’altro) e ahimè anche squali superiori ai 2.5 metri.
Ogni singola uscita è caratterizzata da emozioni indimenticabili, a volte un mix di paura e adrenalina, fatto sta che non se ne può fare a meno. Difficile da spiegare cosa si prova remando contro un’onda di 2 metri o essere trainati in oceano da un tonno di 20 kg.
Essere kilometri al largo da soli, affianco una megattera di 10 metri con il suo piccolo o avere uno squalo tigre che nuota a diversi metri dal kayak… sono emozioni indescrivibili.
L’inizio delle riprese video sul kayak in ogni singola avventura fu l’unico modo per condividere con ognuno di voi cosa vedo con i miei occhi lì fuori, al largo in questo continente meraviglioso.
“Good Times & Tight Lines” oggi su YouTube e sui principali Socials è una testimonianza di un italiano che ha lasciato ogni sicurezza per inseguire un sogno.
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Grazie a tutti per la lettura e come sempre un saluto a tutti gli amici di PLANETSPIN!
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