Dicembre 3, 2024

Planetspin

Pesca in mare e acqua dolce

Il cacciatore di spigole, conosciamo il SEABASSHUNTER Gianluca Sulas

Mettetevi comodi. Oggi da leggere ne avrete, se vorrete approfondire la conoscenza di un nuovo amico. Qui, sulle pagine di PLANETSPIN, vi presentiamo Gianluca Sulas.

Gianluca vive in Sardegna, ha un rapporto davvero speciale con il mare e con i suoi abitanti.

Un rispetto che è d’altri tempi, mi dispiace dirlo, ma le nuove generazioni non ci sono più abituate.

Potrei quasi definirlo quel rispetto che noi piccoli avevamo nei confronti di chi era più grande di noi. Oggi non è più così, si tende ad avere un rapporto diverso con gli anziani o con chi non si conosce.
Iniziamo il nostro viaggio con un racconto sintetico, ma molto completo sulla sua vita “piscatoria e non”. Per evitare di duplicare i contenuti vi invito a visitare la sua pagina di presentazione sul sito di cacciaepescatv.it qui dove potremo scoprire tutte le tappe della sua crescita, vi invito a leggerlo con calma, poi continuate pure questo racconto.

Quando non mi portavano a pesca piangevo tutto il giorno, ne facevo una vera malattia

Citazioni come questa appena scritta, appartengono a tanti di noi. Ci rivediamo e ritroviamo tanto in quello che cerca di raccontarci, sia con le parole (troviamo gli articoli di Gianluca anche su riviste specializzate del settore) che nei filmati di pesca trasmessi sull’ emittente satellitare SKY PESCA TV canale 236, con la serie che è attualmente nel palinsesto e si chiama appunto SEABASSHUNTERS.

Ecco il video promo

E’ una serie inedita in dieci episodi, condotta da Gianluca Sulas, che racconta agli spettatori la magia della pesca alla spigola in ambiente mediterraneo.
La cronaca di un intero anno dedicato alla pesca alla spigola ci porterà a conoscere i piccoli segreti degli ‘spigolari’ ma naturalmente anche i comportamenti della preda, le abitudini delle spigole nelle varie stagioni e i luoghi nei quali è più facile incontrare questi predatori.

Inoltre si parlerà anche di ambiente, attrezzature e sicurezza.

Nei vari episodi si pescherà con gli artificiali, da terra, da natante con gommoni e piccoli tender, cambiando ogni volta scenario, muovendosi in tutti gli ambienti frequentati dalla” Regina della Costa”.
Ho avuto la fortuna di aver visto qualche puntata e secondo una mia personale opinione, il particolare successo di questa serie è dovuto al fatto che si tratta di un programma ideato da un pescatore (di spinning) e rivolto ai pescatori.
Un valore aggiunto che non è poca roba al giorno d’oggi dove il budget investito dalle aziende, è solitamente l’unico carburante per far partire il progetto, che condiziona di molto l’essere neutrale nel citare forzatamente determinate attrezzature.

Lontano da sponsorizzazioni spudorate, come tanti filmati che girano anche in rete dove si santificano esche ed attrezzature miracolose, ho ritrovato una buona dose di consigli figli dell’esperienza personale, maturate sul campo e magari costate anche tante uscite a vuoto.

La voce fuori campo che narra concetti e strategie, fa da cicerone tra le varie clip girate in posti davvero spettacolari (Sardegna), il tutto condito con delle musiche che rendono ancora più intrigante, appassionante e mistico, un concentrato ideale sia per i novizi che per i più esperti del settore.

Ho sempre pensato di non essere un supereroe della pesca, piuttosto mi considero un pescatore testardo sempre pronto a perdere, perché il mare, lui sì, vince sempre.

 

Gianluca, qual è il tuo rapporto con i social network e cosa pensi, in linea generale, delle nuove generazioni di pescatori “social”?

E’ una domanda che meriterebbe una risposta articolata. Per me andare a pescare è una forma di protesta verso questo genere di modernizzazione, evoluzione della società. Pescare equivale ad un regresso ad un rapporto primordiale con la natura, un ritorno alle origini, fatto di istinto, ricerca del vento, delle correnti, della preda. Se si abusa delle nuove tecnologie, queste diventano nocive per le persone, che si rinchiudono nel loro piccolo mondo virtuale. Allo stesso modo i social possono essere un potente mezzo di comunicazione, azzerando le distanze, se utilizzati nella giusta misura, senza esagerazione.

I social media sono arrivati di prepotenza anche nel mondo della pesca. I pescatori hanno sempre raccontato le loro avventure di pesca, esasperando a volte le loro imprese. Su queste piattaforme virtuali, l’ostentazione delle catture ha agito in modo negativo, secondo me, perdendo quello che è la pesca in se. I social fanno male alla pesca, soprattutto allo spinning, dove c’è un rapporto più personale, intimo con la natura che ci circonda.
Nei miei documentari, ci sono spesso riprese panoramiche in cui si vedono uomini su spiagge immense, questi vengono rappresentati come dei puntini in questa immensità della natura.

Questo è modo di raccontare la pesca, solitudine che diventa libertà. Lo racconto anche con le immagini.

I social network sono l esatto contrario di tutto questo. A volte, come tanti nel mondo della pesca, li utilizzo per pubblicizzare i miei lavori, per farlo sapere a tanti. In questo ci aiutano a diffondere le notizie.
La relazione tra le nuove generazioni di pescatori e i social, permettetemi la parola, è spesso malata, in quanto quella ricerca di solitudine, il rapporto con il mare, il vento, un colore dell’acqua, le correnti, non ci sono più.
I giovani si fanno spesso troppo influenzare dalle aziende che con i social si pubblicizzano. Ragazzi griffati con felpe, cappelli ed esche ben in vista, in qualche modo ledono alla purezza della pesca.

Non dico sia una cosa sbagliata, ma è la dimensione. Quanto fanno questo. E’ sbagliato fare solo quello.
Vanno a pesca con l’ansia di poter fare una foto per mettere in bella mostra l’esca, il cappello o la felpa… Per che cosa poi? Per niente e questo mortifica l’essenza stessa della pesca.
Ogni volta che qualche giovane viene a pesca con me, gli dico di spegnere facebook, per far assaporare l’andare a pesca, vivere il momento e non riviverla solo poi con un filmato o una foto postata in rete.
Prima di tutto si va a pescare, poi viene tutto il resto, questo è il senso del nostro lavoro.

Dobbiamo stimolare i ragazzi ad andare a pescare, non andare a pesca per poter postare la foto con l’esca agganciata.

Ora permettimi una domanda tecnica: esca rigida o siliconica, cosa preferisci nelle tue battute di pesca?
E’ una domanda che necessita di una risposta articolata. Si tratta delle due grandi tipologie di esche, che non si escludono a vicenda, ma in base alla situazione di pesca, scelgo l’una o l altra.
Le esche in silicone hanno avuto una grande evoluzione in questi ultimi anni, tempo fa, quando iniziai, nel ’98, online c’erano pochi modelli, le trovavi solo in commercio negli stati uniti e mi ricordo che alcune erano davvero pessime, in quanto realizzate con miscele troppo rigide, che non nuotavano affatto in modo naturale.
Gioco forza, fatta eccezione per i raglout che si potevano utilizzare sia a traina che a spinning, si preferivano le hardbait.

Quando intorno agli anni 2000 sono comparse le prime esche siliconiche decenti, che provenivano dal mondo del bassfishing, mi ricordo che le utilizzavo con efficacia anche nella ricerca dei barracuda e realizzai anche un articolo per una rivista di pesca.
Adesso la grande evoluzione delle esche morbide ci permette di pescare anche i grandi predatori come i tonni o i serra, quando stazionano sul fondo e non possiamo insidiarli con i classici minnow rigidi.
Le hardbait emettono delle vibrazioni diverse, anche in base all’esistenza dei rattle, sono capaci di essere catturanti in determinate situazioni, per esempio quando la temperatura dell’acqua inizia a salire, i pesci tendono ad avvicinarsi più alla superficie, per cui possiamo insidiarli con maggior efficacia sia con i minnow di superficie che con top water.

Sono esche che non si escludono a vicenda perché ogni condizione meteomarina va letta, interpretata e resta a noi abbinare uno stile di pesca che può prevedere l’utilizzo di una o altra categoria.
Oggi possiamo permetterci di pescare tutti i tipi di predatori con le esche morbide, soprattutto le spigole, io che sono uno spigolaro conosco bene le potenzialità delle softbaits.
E’ vero che le esche artificiali siliconiche si deteriorano irreparabilmente quando si pesca a serra o a barracuda, ma quando mi viene posto questo quesito, ovvero perché le utilizzo anche se so che posso romperle, io rispondo semplicemente che a me non interessa questo, ma pescare e prendere i pesci. Non colleziono le esche per tenerle in vetrina.
Non ho grande stima per le attrezzature da pesca, quando esco prendo la prima canna che mi capita dalla rastrelliera, qualche esca e vado. Torno contento anche quando non riporto a casa tutte le mie esche, perché questo significa che ho trascorso una bella battuta di pesca.

Per me esche morbide e hardbait sono assolutamente complementari. Una categoria non esclude l’altra.

In aggiunta posso dire che si tratta anche di due stili di pesca diversi. Soprattutto la ricerca della spigola sul fondo con l’esca siliconica prevede una certa sensibilità e una certa praticità di pesca a differenza delle esche rigide.

Per utilizzare correttamente le esche siliconiche bisogna essere un po’ più bravi nel saper abilmente gestire le fasi di pesca e dare vitalità alla nostra imitazioni (utilizzando anche attrezzature adeguate ndr.). Le hardbait sono più semplici ed immediate da utilizzare.

A nome di tutti i lettori di planetspin, ringrazio Gianluca Sulas per il tempo che ci ha dedicato e per la passione che trasmette sia con le parole che ci ha detto che con i video realizzati.
Lascio i contatti per essere aggiornati con le tue attività e… sono certo che ci sarà qualche occasione in cui potremo nuovamente leggerti su queste pagine.

Grazie a tutti per la lettura, se volete segnalarci nuove introduzioni o collaborare con noi, utilizzate il modulo CONTATTI presente nella pagina, come sempre un saluto a tutti gli amici di PLANETSPIN!