Una nottata a pesca ha tante origini. Perché andiamo a spinning? Ci sono tanti motivi, chi pesca per passare il tempo,
chi per amore del mare, chi per stare in compagnia, chi per divertirsi e chi per ritrovare se stesso.
La scelta dello spot, la foce di un canale, è stata facile, la costanza in questo aiuta. La luna crescente iniziava a riflettersi sul mare calmo, agitato dalla corrente, l’umidità attirava le zanzare, gocce di sudore bagnavano la mia fronte.
Preparata la mia attrezzatura, decido di lavorare coi siliconi, deps deathadder stick da 4.5” giallo fluo, innescato a texas su amo piombato da 2 grammi. Pesca ultralight, andavo di precisione. Ogni lancio ben mirato, la canna un fioretto, il silenzio sopra ogni cosa, la caccia alla labrax è scienza, arte, solo in parte fortuna.
Inizio a lanciare, l’esca piano entra in acqua, pochi rumori, la zona obbiettivo è il limitare della corrente, li dove l’acqua dolce inizia a mischiarsi con quella salata del mare, creando il torbido che tanto è utile alla regina per i suoi letali e fulminei agguati. Muovevo il vermone su e giu, alternando jerkate a lunghi stop, fondamentali per ricreare l’effetto “vivo” che speravo ingannasse la mia preda. Vado avanti per alcuni minuti, quando sento in canna la botta inconfondibile.
L’attacco sull’artificiale fermo in corrente, è fulmineo, la ferrata è decisa, d’istinto, la canna si piega. La freddezza non esiste in questi casi. La razionalità arriva sempre con qualche secondo dopo, è la natura umana, la parte di cacciatore che è in noi a guidarci in questi momenti, a gestire l’attimo in cui ferrare la preda! Inizio subito il recupero, sento in canna le prime violente testate, ma il combattimento non è molto arduo, l’attacco è avvenuto, come spesso accade vicino alla riva, non molti secondi dopo, la vedo nuotare davanti a me, è un attimo, il boga grip è di fianco a me, apro le sue tenaglie che poco dopo si chiudono sulla voragine che è la bocca del predatore, l’ultima triste visione di tante prede.
E’ uno spettacolo affascinante, la sua livrea grigia da lupo, brilla ai riflessi della luna, la guardo emozionato.
Poi ad un certo momento decido di rialzarmi, riprendo la mia st.croix e ricomincio coi lanci. Le condizioni non sono cambiate, riprovo con la stessa combinazione precedente, dimostratasi micidiale in corrente. Il tempo passa lentamente, sento l’artificiale posarsi sul fondo, lo immagino mentre alza nuvolette di sabbia, mi servono per attirare il predatore.
Al quinto lancio sento la botta! Ancora un emozione, inizia il combattimento, la spigola, questa volta più grande rispetto alla prima, cerca di resistere più duramente, mette in atto tutte le sue strategie, dure testate per liberarsi dall’amo per lei terrificante, che la allontana dalla sua natura, dal suo territorio di caccia, dove regina, regna incontrastata. Anche questa volta non dura molto, poco dopo riesco a salparla, il tempo di una foto, e decido di restituirla alla sua casa, la slamo con delicatezza, il suo occhio mi fissa, spaventato e implorante.
Vedo all’orizzonte il primo rossore dell’alba illuminare il cielo, sorrido e decido che per stavolta va bene così. Guardo il mare, sussurro un grazie, quasi mi sento un bambino.
Tolgo l’artificiale, volto le spalle al mare e torno alla mia vita, come poco prima ha fatto la spigola, ripromettendomi fermamente che tornerò presto a nutrirmi delle speranze e delle emozioni, che lo spinning sa elargire.
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